Palermo, 1966
Là “dove finisce l’arte, dove comincia la vita”, sulla sottile linea d’ombra in cui matura la consapevolezza del proprio essere nel mondo, abitano le opere del ciclo Autoterapia di Maurizio Ruggiano. Installazioni, foto, video, arazzi composti da oggetti riciclati, compongono nel linguaggio
multiplo della contemporaneità un percorso unitario, dove si riflette un
passaggio esistenziale: il superamento del trauma e del relativo senso di colpa insieme al sentimento di incertezza di sé, la rielaborazione del ricordo e infine l’accettazione della responsabilità di essere se stessi.
Percorso personale dell’artista, ma al contempo universale.
In ogni espressione artistica moderna c’è una componente autobiografica, a volte molto celata tra le pieghe della forma, a volte esplicita fino allo strazio. Non si tratta di una semplice confessione, ma
di un processo di trasformazione: chi sa dare forma estetica al proprio disagio individuale o collettivo, infatti, lo oggettiva fuori di sé riuscendo spesso ad andare oltre. Una funzione terapeutica che per gli artisti nati
sotto Saturno è ragione stessa della loro necessità espressiva: come ha
detto Braque, “l’arte è una ferita che si trasforma in luce”. Così una delle
più grandi artiste del Novecento, Louise Bourgeois, ha lavorato nelle sue
opere per tutta la vita sulla propria ossessione dei fantasmi parentali e sul proprio trauma, spinta dalla necessità di rimarginare una ferita
originaria, destinata sempre a riaprirsi: “Arte è garanzia di sanità – ha scritto -, l’artista è in grado di sopportare il proprio tormento attraverso
il fare arte”.
La convinzione che l’arte sia terapeutica e abbia un potere salvifico, sia per chi la fa che per chi la fruisce, è antica. Ha la sua origine già nella
catarsi aristotelica, cioè nell’idea greca che la tragedia sia mettere in scena e vivere le proprie passioni per oltrepassarle nella dimensione
mitica e così superarle. Un’idea che permane nella storia della cultura fino ad assumere un colore psicologico nel Novecento: Freud, ma anche
Jung, affermano che l’arte è trasformazione del dolore in simbolo, e ciò consente di ristabilire un equilibrio, magari precario; più recentemente
Hillman ha affermato che il principio di salvezza della nostra umanità non risiede in soluzioni tecniche, ma nella materia poetica generata
dalla mente, in quella capacità immaginativa che conferisce profondità all’esistenza, ovvero nella creazione dei propri simboli.
Autoterapia in fondo è un’opera unica, anche se composta da elementi differenti, realizzati nel corso del tempo, magari in periodi diversi e a
fianco della normale attività creativa e lavorativa di Ruggiano. Elementi legati tra loro dall’intenzione di ricucire gli strappi portando all’esterno l’esperienza vissuta: “Ogni lavoro del progetto Autoterapia è l’immagine simbolica di alcuni blocchi psichici che si sono presentati durante la crescita, situazioni che mi hanno rallentato, ostacoli che nel periodo
infantile hanno annichilito la mia volontà......I lavori legati al progetto hanno lo scopo di distaccarmi, vedere dall’esterno, dare altri valori a quanto ho vissuto. Ho usato media diversi, perché questo è il mio modo
di lavorare, ma tutti sono parte di un discorso unitario”.
Il tema è il disagio infantile, provocato da conflitti familiari e/o da abusi
sessuali, e il percorso di crescita per superarlo ristabilendo un equilibrio.
L’autoanalisi esistenziale dell’artista mette a fuoco la complessità dei rapporti che segnano la psiche del bambino. Alla problematica affettiva
si intreccia la riflessione sui traumi infantili da abusi sessuali, vissuti nella vergogna e nel silenzio, più diffusi di quanto si creda in ogni strato sociale e in genere consumati in ambienti parentali e domestici.
Nel percorso espositivo si alternano opere legate all’esperienza individuale ad opere che promuovono invece una riflessione più ampia
sulle dinamiche sociali che calpestano i diritti dell’infanzia. Il progetto vuole coinvolgere lo spettatore, provocando un’osservazione speculare:
il tema dell’infanzia deprivata infatti non può essere circoscritto in un problema personale, si tratta invece di un problema universale che oggi,
in un’epoca di sviluppo diseguale e falsi miraggi consumistici, ha una sua triste attualità.
Maurizio Ruggiano è nato a Palermo nel 1966. Segnato da un’infanzia
travagliata per il conflitto tra i propri genitori, poi dal disagio iniziale e
dalla febbre della propria omosessualità, vaga a lungo alla ricerca di se
stesso tra esperienze diverse di sublimazione: monasteri francescani,
buddismo tibetano, macrobiotica, mistica sufi.
Negli anni Ottanta, dopo essersi fatto le ossa come D. J. nelle vivaci
associazioni culturali alternative della Palermo di allora come Il Labirinto,
inizia a lavorare in teatro come tecnico del suono e consulente musicale,
sia per il colto e d’avanguardia Teates diretto da Michele Perriera con
cui collabora per vent’anni, sia per il teatro popolare di marionette di
Anna Cuticchio, nel quale farà anche il burattinaio e l’attore, e infine,
più recentemente, con il celebre puparo Mimmo Cuticchio.
All’Accademia si iscrive tardi, a trent’anni, completando il suo corso
quinquennale con una ricerca sul campo attorno al fenomeno allora
nuovo delle chat e dei siti web d’incontri. Ma l’esperienza più stimolante
e liberatoria nel periodo di studio è sicuramente l’Erasmus trascorso
in Spagna a Valencia, alla quale faranno seguito nel 2001 due mostre
significative, la prima a Rotterdam all’European Bisexual Conference
1 alla quale partecipa con foto e opere grafiche, e la seconda a
Huesca, di nuovo in Spagna, dove presenta un lavoro multimediale
dal titolo provocatorio Cura pastorale delle persone omosessuali. Si
va configurando il suo universo creativo: temi disagevoli; ambiguità
emotiva che però si traduce in un linguaggio diretto mescolando
crudezza e candore; molteplicità di mezzi espressivi, dalla fotografia, il
video, la computergrafica, a pratiche più manuali come il riciclaggio di
oggetti e materiali di scarto recuperati nelle derive dell’esistenza. La sua
stessa casa-studio diventa un’installazione permanente dove il disordine
della vita si mischia all’accumulo dei reperti: pareti, sedie e ripiani sono
altrettanti altarini devozionali del culto delle piccole cose, un culto dove
gli Dei sono pupazzi, giocattoli consunti, vecchie maschere e minuscoli
feticci trash. Alcuni finiscono nelle sue opere, altri restano invece a
vegliare nella Wunderkammer del quotidiano.
Seguono altre mostre personali in varie gallerie palermitane, con
cadenza più regolare a L’Altro artecontemporanea (2002, 2003, 2006),
dove espone opere forse ancora troppo ingabbiate in una ossessiva
ibridazione fisica di corpi e oggetti. Con un senso differente l’ibridazione
resta il tema anche del lavoro più recente, la videoinstallazione La
certezza dell’ombra, realizzata insieme a Kali Jones attorno ai versi
del poeta siriano Adonis, e presentata a marzo 2011 al Centro d’arte di
Villa Alliata Cardillo a Palermo, e in versione ridotta anche a Gibellina
e Caltagirone. Ma, si trattava stavolta di un’ibridazione percettiva di
sensazioni visive e acustiche, svincolata dalla forza di gravità della
materia, allusiva di presenze più sotterranee e misteriose, e che, nello
sguardo del poeta in viaggio nell’isola, rimanda all’ibridazione culturale
del mediterraneo.
Oggi Maurizio Ruggiano lavora stabilmente come archivista presso la
Civica Galleria d’Arte Moderna di Palermo, ha imparato a tenere sotto
controllo il caos, e ha trovato i suoi simboli. Va e viene dalla stanza
dell’infanzia, senza esserne più prigioniero. Attraverso alcuni momenti
topici, Autoterapia documenta un lungo percorso alla ricerca di una
sponda, ma non è una selezione o un’antologia, piuttosto è un diario
di bordo che ha sempre affiancato il suo lavoro artistico, e che oggi
testimonia un approdo da dove il viaggio può ripartire.
2012 assistente al workshop di Studio Azzurro oratorio San Lorenzo Palermo
2012 Autoterapia. Personale, a cura di Eva Di Stefano
2011 Proselitismo , video, The Kicking Boot, Londra
2011 La Certezza dell’Ombra, videoinstallazione, Centro d’Arte Piana dei Colli, Palermo;
Museo di arte contemporanea, Caltagirone (Ct); Fondazione Orestiadi , Gibellina (Tp)
2010 L’immagine continua, rassegna di video-arte, 2. edizione, Catania
2009 L’immagine continua, rassegna di video- arte, 1. edizione, Catania
2008 SVILUPPO ALCUNE FASI FAMA / Fame/ Hunger, het wilde weten, Rotterdam
2007 S. Sebastiano, foto, Cappella Orsini, Roma
2006 Mutaciones, Festival internazionale di video-arte, Valencia
2006 Infanti, personale, Galleria L’Altro Artecontemporanea, Palermo
2005 Perdita sensoriale, foto, Cappella Orsini, Roma.
2001 Cura Pastorale, multimedia, Facoltà d’arte e fotografia, Huesca (SP)
2001 Mutazioni, A.B.C.1 (european bisexual conference), Rotterdam.
2001 Workshop con Vector Pisani, Genio di Palermo, Palermo.
2000 Due Fiori, Civica Galleria d’Arte Moderna, Palermo
1997 Graffiti - pittura, Galleria Purgatori 2, Valencia
1997 Tre storie con bambola di gomma, Palazzo S. Nicola, Valencia
1997 Adamo Eva e prole, Auditorio, Torrent
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