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KK11 - 2013 
Claudio Di Carlo

Info su Claudio Di Carlo

Negli ultimi anni il gesto pittorico di Claudio Di Carlo si è sempre misurato con la proliferazione segnica e de-realizzante dell’immaginario mediale. Tra lo spettacolo delle merci e la più fondamentale geografia del desiderio, l’autore ha trovato nella figura femminile quella specifica zona di intensità attraverso cui esprimere un proprio personale ...

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KK11 - 2013 
Claudio Di Carlo

KK11 - 2013
13'12'' Qick Time File Courtesy dell'artista

Tempo di tacco al guinzaglio, ovvero l'impossibilita' di considerarsi uno
di Germano Scurti

Il video KK11 ci appare come la sintesi di un intero ciclo pittorico dell'artista Claudio Di Carlo. Quasi una destinazione, che sembra muoversi alla ricerca dell'aura sul filo teso dei paradossi.

Negli ultimi anni il gesto pittorico di Claudio Di Carlo si e' sempre misurato con la proliferazione segnica e de-realizzante dell'immaginario mediale. Tra lo spettacolo delle merci e la piu' fondamentale geografia del desiderio, l'autore ha trovato nella figura femminile quella specifica zona di intensita' attraverso cui esprimere un proprio personale rapporto tra la vita e l'arte, la natura inevitabilmente ambivalente della nostra esperienza sensibile, sempre sospesa tra artificio e autenticita'. In effetti, Di Carlo agisce sempre su questo doppio binario. Da una parte trasforma il corpo in simulacro, ovvero in un sentire che definisce la passione sociale condivisa. Dall'altra parte, proprio grazie a questa primaria valutazione emozionale, di per se' artificiosa, riattiva il nostro sentire, mobilita la carne, quella di chi guarda, come possibilita' di riapertura del senso. Nel farsi protesi, estensioni del nostro desiderio, le sue Figure di donne diventano "metafore attive" che trasformano e trasmettono esperienza.

Ma se nelle opere precedenti Di Carlo ha concentrato nel "sistema-del-quadro", in quell'unicum portatore di aura, i contenuti della proliferazione stereotipata dei segni, la spettacolarizzazione dei consumi, con il video KK11, sembra sviluppare una ambivalenza ancor piu' fondamentale. Qui va direttamente all'origine, alla tecnica che ha prodotto l'immaginario mediale e i suoi spaesamenti, in una paradossale ricerca dell'aura e del tempo perduto. Con il video KK11, quasi a compiere un movimento retrogrado, e' la stessa riproducibilita' dell'immagine che realizza una proliferazione "infinita" del gesto pittorico - mediato dalla tecnica. La durata di KK11, la resa temporale della sua forma, in effetti si dispiega in una proliferazione di "istanti", di eventi che si fissano e s'incorniciano, frame dopo frame. Le posture, i movimenti, i gesti, di una 'mannequin' dalla grazia malinconica, interni al "sistema-del-quadro", definiscono appunto un complesso sistema di segni che incorniciano una pluralita' di specifiche unita'. Grazie allo sfocato dell'intero piano della visione si produce una coesistenza tra la "campitura" e la Figura, le cui metamorfosi realizzano allo stesso tempo lo spazio chiuso degli "istanti" e la sequenza del movimento.

Si sviluppa in questo modo una tensione paradossale e con essa l'evocazione di un mondo perduto, resa da una evanescenza quasi crepuscolare. Da una parte la riproposizione del valore dell'aura, dell'unicita' che si fissa in un istante, proprio attraverso quella dimensione tecnica che, secondo Walter Benjamin, l'ha distrutta. Dall'altra - quasi come inevitabile conseguenza - assistiamo all'articolazione di un vero e proprio memoriale linguistico: un linguaggio "pittorico" che si misura con la propria stessa memoria, con le intensita' espressive di un passato trascorso, di un mondo perduto (in quanto tale portatore di aura), che puo' riemergere non solo nel sapore di un biscotto inzuppato nel te' ma anche nei gesti di una 'mannequin' malinconica - a cui fa da contrappunto un vigoroso protagonismo musicale.

Del resto, e' proprio la malinconia che connota l'intera durata di KK11, non come mera condizione personale - la Figura e' infatti orfana degli occhi, privata di quello sguardo che rende unici. Ma come conseguenza e destino del paradosso artistico messo in gioco e dell'evocazione di un mondo passato, della fissazione su un "oggetto" perduto. Un umore in cui sembra radicalizzarsi la tensione dei paradossi e delle contraddizioni. Un umore, appunto, ambivalente, sospeso tra fecondita' e sterilita', energia e astenia, entusiasmo e abbattimento. Una doppia natura, un'impossibilita' di considerarsi uno, unicum, che ha consentito ai saturnini di ogni epoca di interrogarsi sugli enigmi della vita e dell'arte e di esporsi fino al punto in cui forse si intravede un altrove.

Ideazione, produzione e regia: Claudio Di Carlo
Attrice: Angelique Cavallari
Musica: Diego Conti
Performer: Beatrice Tosi
Post produzione: Gianluca Stuard
Co-produzione: Diramazioni Arte, Strike fp, Takeawaygallery